Intervista a Ivo De Palma
1)Salve Ivo, grazie per l'intervista che ci concede!
Può cominciare presentandosi ai nostri lettori.
Qualcuno di voi dice che è cresciuto con la mia voce e questo significa che faccio il mio mestiere ormai da molto tempo. Più della metà della mia vita, per l’esattezza. E devo dire che non mi annoio ancora. Alcuni dei personaggi cui ho prestato la voce piacciono molto a voi. Altri, più recenti e certo meno noti perché non passati in televisione, piacciono invece molto a me, perché più complessi e più vicini alla mia esperienza e sensibilità attuali.
2) Iniziamo parlando della saga di Hades, quanto è stato faticoso, se lo è stato, lavorare al progetto Hades?
Lo è stato senz’altro. “Prima”, perché l’attesa era molta e una sparuta (ma chiassosa) minoranza di appassionati non mi riteneva (più) all’altezza del ruolo e delle eventuali nuove responsabilità (che effettivamente presi in carico) inerenti alla direzione e ai dialoghi italiani. Lo è stato “durante”, perché mi confrontai con gli appassionati sul registro di tali dialoghi e questo mi comportò una mole di lavoro certo molto superiore a quella per la quale strettamente ero retribuito. E lo è stato anche “dopo” per via delle sgradevoli reazioni di un’altra sparuta (ma anch’essa chiassosa e per di più scorretta) minoranza di appassionati, scontenti del difficile equilibrio che, insieme ai miei collaboratori, riuscii a ottenere tra le esigenze di continuità con il passato, certo sacrosante, e la necessità di maggior rispetto dei contenuti originali, semplicemente imprescindibile in una moderna edizione italiana.
3) Alla fine della saga di Hades manca solo il capitolo Elisio, ci sono novità in proposito?
Nessuna che io sia autorizzato a divulgare.
4) Che effetto le ha fatto tornare a doppiare il personaggio di Pegasus a distanza di circa 20 anni?
E’ una domanda che mi viene rivolta spesso. In estrema sintesi, superati i primissimi minuti di “ansia da prestazione”, tutto è andato liscio come l’olio. Il Pegasus di Hades è perfino più giovane, vocalmente, di quello della serie classica. In barba a chi mi considerava troppo anziano per il ruolo.
5) E ritrovare i vecchi colleghi del doppiaggio storico della serie?
Sono colleghi che incontro quotidianamente nelle sale. Non ci siamo mai persi di vista, insomma, nei circa 20 anni di stacco tra la serie classica e Hades.
6) Che criteri vengono usati solitamente nell'attribuzione di una voce ad un personaggio piuttosto che un'altra, e che importanza assegna, se ne assegna, alla somiglianza delle voci italiane con quelle originali?
I criteri possono essere vari e quello della somiglianza vocale con l’originale è solo uno dei possibili. D’altronde, c’è chi è disposto a giurare che la mia voce, su Pegasus, sia molto diversa da quella del mio collega (nonché coetaneo, quindi anziano come me sul ruolo) giapponese, Toru Furuya. Eppure, non direi proprio che sia un abbinamento che stona...
Personalmente, il criterio che mi guida è l’efficacia di una data voce su un certo volto. Per esempio, in polemica con qualche appassionato ho attribuito a Rhadamante la voce del collega Simone D’Andrea, ritenendola (insieme alla sua meravigliosa interpretazione) assolutamente efficace su quel volto, quegli occhi, quell’altero ma ancora fresco portamento. E’ vero che il personaggio dovrebbe avere qualche anno in più del collega. Ma in una serie in cui, con buona pace di (quasi) tutti, i tredicenni hanno la voce dei quarantenni (perché anche la voce alternativa che fu sperimentata su Seiya qualche anno fa non è molto più giovane di me...) e i ventottenni quella dei sessantenni (colleghi navigati che considero meravigliosamente bravi, sia chiaro), direi che il buon Simone su Rhadamante ci sta tutto, e che, specialmente nel Meikai, ha fatto davvero faville.
7) Come le è parso il nuovo capitolo della saga di Hades, ha notato grandi differenze con la serie classica?
Direi di sì. Alcune positive, come la grafica dei primi 13 episodi, e una certa maturità nella conduzione della storia. Altre negative, come la grafica del Meikai, la minor durata complessiva (ma questo scontenta sempre i doppiatori e i loro... portafogli!), e la minor durata (conseguentemente) dei singoli combattimenti, con ricaduta negativa anche sulla quantità del dialogo e sulla sua possibile elaborazione in chiave “doppiaggio storico”.
8) In Giappone stanno per uscire gli OAV del Lost Canvas, prequel della serie classica, se le dovessero proporre di doppiare o di dirigere il doppiaggio lei accetterebbe?
Certamente sì, come non perdo occasione di ribadire.
9) Quale personaggio le piacerebbe doppiare se potesse scegliere?
Su questo preferisco non pronunciarmi. Inutile scatenare gazzarre per un prodotto che poi magari finisce in mano ad altri professionisti.
10) Lei nella sua lunga carriera ha doppiato molti personaggi sia buoni, come Pegasus, sia cattivi, come Kratos ne “I 5 Samurai”, è più difficile riuscire a doppiare un eroe oppure uno dei cattivi?
Sicuramente i cattivi sono più difficili, ma anche molto più intriganti. In genere, sono affidati a professionisti navigati, sia per la loro maggior esperienza tecnica e artistica, sia per le maggiori ombre che hanno nella voce. Io ho iniziato a fare i “buoni che più buoni non si può” e mi sono ritrovato, recentemente, quasi soltanto su efferati psicopatici!!
11) Un problema che affligge l'Italia, come altri paesi del mondo, è la censura. Si è mai occupato dei tagli e delle censure di una serie?
In qualità di direttore di doppiaggio e dialoghista sono tenuto a segnalare al cliente eventuali immagini che vadano palesemente contro la sua policy. Tutto qui. Poi è il cliente che decide se, e come, intervenire. Ma questo riguarda soltanto le edizioni televisive. Il master completo e intatto resta a disposizione per tutti gli altri eventuali utilizzi successivi. Nulla di molto diverso da ciò che avviene anche negli Stati Uniti, patria della libertà di espressione.
12) Ci può spiegare comè fatta una sala di doppiaggio?
Essenzialmente, in relazione al lavoro dei doppiatori (quindi escludendo la post-produzione audio e video) si tratta di due distinti ambienti, comunicanti tra loro. La regia, dove sta il direttore di doppiaggio e il fonico, e la sala di ripresa, dove stanno i doppiatori e l’assistente al doppiaggio (se questa sala è piccolina, l’assistente sta in regia, a fianco del direttore di doppiaggio). La regia ospita la strumentazione atta alla registrazione delle voci, la sala di ripresa il microfono e gli altri indispensabili strumenti di controllo a disposizione del doppiatore: copione, leggio, monitor, cuffie. Tutte le sale di doppiaggio italiane sono fatte in questo modo, dalle più spartane e sconosciute alle più costose e rinomate. Una volta appresa la tecnica, si può quindi spenderla ovunque.
13) Quanto e in che modo le nuove tecnologie sono entrate in sala di doppiaggio?
Sono entrate molto e completamente, nel senso che mediante computer si fa l’adattamento dei dialoghi, si registrano le voci durante i turni di doppiaggio, e si procede quindi alla post-produzione, sincronizzandole esattamente e abbinandole, ottimizzate nella resa audio, alla cosiddetta colonna internazionale, cioè quella che ha solo le musiche e i rumori.
14) E' vero che esiste una certa rivalità tra i poli di doppiaggio di Milano e Roma? Quanto conta nel risultato finale il luogo in cui viene doppiato un prodotto?
Ormai direi che non conta quasi nulla. La qualità della conduzione di un doppiaggio dipende essenzialmente da chi lo dirige e certamente, questo va riconosciuto, a Roma da questo punto di vista c’è una tradizione più antica. Per il resto, ormai esistono strutture di registrazione validissime sia a Roma che a Milano, e per quanto riguarda il discorso voci, altrettanto. I divi del doppiaggio stanno a Roma perché lì si concentra il doppiaggio cinematografico (e anche altre eventuali attività extra microfoniche nelle quali possono trovarsi impegnati). Molti colleghi romani, pertanto, in realtà non sono... di Roma... Ma che la qualità media (e medio/alta) sia ormai assolutamente paragonabile lo dimostrano alcune produzioni che vedono impegnate, grosso modo allo stesso livello, voci di entrambe le piazze. Per restare a ciò che mi riguarda, posso citare “Lupin III e il Conte di Cagliostro”, in cui l’intero cast voci è romano tranne la giovane protagonista femminile e il Conte, che ha la mia voce. Oppure “The Hard Corps”, in cui ho l’onore (e purtroppo anche l’onere) di confrontarmi (nel ruolo di Terrell, il cattivone del film) con Luca Ward (che doppia il protagonista, Van Damme).
15) È più difficile doppiare un manga o un film con attori reali?
Gli eroi dei cartoni animati non sono altro che disegni, per quanto belli e curati possano apparire. Questo significa che molta parte della credibilità, se non del realismo, delle scene rappresentate dipende esclusivamente dalla colonna sonora, non a caso, per quanto riguarda musiche e rumori, già orchestrata su registri di notevole ritmo e di esasperata intensità.
Tecnicamente, quindi, doppiare un cartone animato, e specialmente un OAV giapponese, è tutt’altro che una passeggiata. Lo spessore psicologico di quelle facce più o meno bene disegnate è dato dalle voci, che devono distendersi, senza soccombere, sopra un tappeto sonoro fortemente drammatizzato.
Ecco perché la recitazione che sentite nei cartoni animati televisivi è un po' "sopra le righe": la plausibilità delle situazioni e dei personaggi è determinata innanzi tutto dall'efficacia persuasiva dei suoni e delle voci, talvolta, oltretutto, caratterizzate, vale a dire falsate, per la resa particolare di determinati ruoli. La tecnologia, più o meno progredita, può dare ad un personaggio disegnato il movimento: ma è la voce che gli dà la vita.
La voce del doppiatore, almeno per il momento (anche se non saprei ancora per quanto…), resta l'unico contributo interamente umano all'animazione di un cartone.
E quando l'animazione è al servizio di una storia, le voci, oggi come ai tempi di Omero, sono lì per raccontarla.
16) Lei è uno stimato e famoso dialoghista, attore, doppiatore, direttore del doppiaggio. Attraverso Filmdubsters, come specificato sul suo sito web (http://www.ivodepalma.it/), la sala di doppiaggio e postproduzione audio di cui è direttore artistico, tiene da tempo corsi di doppiaggio, dizione, adattamento dialoghi. I corsi sono per un ristretto numero di allievi selezionati, ma oggi, quali possibilità ha realmente un ragazzo che intende lavorare nel mondo dei doppiatori professionisti?
Le possibilità di sbocco professionale dipendono dalla propria volontà di proporsi, e infine di imporsi, grazie alle proprie qualità artistiche (senza le quali non si fa molta strada...), in un mercato che non prevede una prassi di accesso standard, per le nuove leve. Tutto sta alla discrezionalità dei direttori di doppiaggio, insomma.
Sono possibili, inoltre, periodiche contrazioni della quantità di lavoro disponibile sulle piazze principali (Roma, Milano e Torino), quindi eventuali difficoltà incontrate in un dato periodo possono poi risolversi in un momento successivo. Certo, è un mercato che fa gola a molti, e la mia serietà non può esimermi dall'informarvi, a differenza di quanto fanno tutti i concorrenti, che eravamo già troppi quando ho cominciato io.
Questo, però, non ha impedito a me e a tutti i colleghi che avevano le carte in regola per emergere di avviare e condurre in porto la propria carriera. Il ricambio delle voci, peraltro, è fisiologicamente indispensabile, anche perché non si può avere in eterno la voce dei vent'anni... Forza e coraggio, quindi. Il successo della vostra scommessa professionale in questo campo sta, per un buon 50/60%, nella saldezza della vostra motivazione.
17) Ha qualche consiglio da dare a chi si avvicina al lavoro di doppiatore?
Nall’ordine, e senza saltare alcun passaggio:
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motivazione
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preparazione tecnica e artistica (con particolare attenzione all’uso della voce)
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corso di doppiaggio (i colleghi che dicono che non serve lo fanno perché non ne tengono loro in prima persona... in realtà, aiuta enormemente - purché tenuto da professionisti riconosciuti - a mettersi nelle condizioni per agevolare i passaggi successivi)
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per onestà con se stessi, scadenze precise entro le quali aver combinato qualcosa per entrare in questo mercato.
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all’interno della scadenza, non pensare ad altro. Essere buoni agenti di se stessi. Farsi vedere spesso, assistere a molti turni, dimostrare umiltà e interesse, ma anche una certa personalità.
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avere, pertanto, molto tempo a disposizione. Chi è lì lì per laurearsi, per partire in viaggio di nozze, per partorire, o per intraprendere altre esperienze impegnative (stage di studio o lavoro in Italia o all’estero, stagioni o crociere come animatore turistico, tournèe teatrali, ciclo di esami universitari ravvicinati), rinvii l’approccio al doppiaggio a quando potrà maggiormente dedicarvisi.
18) Il sogno di molti appassionati dilettanti di doppiaggio, come dicevamo, è quello di diventare professionisti del settore. Ma, oltre alle soddisfazioni personali (impagabili), è un mestiere con cui si riesce a vivere, o è necessaria una seconda fonte di reddito?
Io vivo di questo mestiere da quasi trent’anni. Certo, è raro che un doppiatore faccia esclusivamente doppiaggio, anche se ognuno di noi ha avuto i suoi anni ruggenti, in cui era impegnato a microfono tutti i giorni e tutto il giorno. Ma l’importante è che eventuali altre esperienze ti tengano comunque all’interno dell’ormai variegatissimo mondo dello spettacolo. Altre attività (specie se a carattere continuativo e dipendente) rischiano di rendere difficile conciliare tutto quanto e, soprattutto, possono ostacolare la crescita artistica e tecnica, spostando l’attenzione su ambiti che nulla hanno a che vedere con l’arte drammatica.
19) Come le sembra il nostro portale www.ledodicicase.it?
Mi riprometto di farci un salto, al momento non lo conosco.
20) Un saluto finale a tutti gli utenti di www.ledodicicase.it
Grazie per la vostra attenzione. Ci si ribecca su Facebook e sul mio forum!