L’anteprima italiana de I Cavalieri dello Zodiaco – La Leggenda del Grande Tempio è avvenuta qualche giorno fa a Lucca Comics alla presenza del produttore di Toei Animation Asama Yosuke, il regista Sato Keiichi e il compositore delle musiche Ike Yoshihiro (avete già letto l’intervista che abbiamo pubblicato qualche giorno fa, vero?)

Dopo una chiacchierata con lo staff del film, accompagnati da una dozzina di cosplayer che hanno attraversato la sala per poi sedersi e assistere alla proiezione indossando le loro armature e le vesti da antichi greci, Lucky Red ha annunciato ufficialmente che la pellicola arriverà nei cinema di tutta Italia il prossimo 12 febbraio.

L’intento di riproporre Saint Seiya in CGI sembra voler conquistare le nuove generazioni che non lo conoscono (in patria infatti l’anime non è stato replicato periodicamente come nel nostro Paese), ma la strada intrapresa per raggiungere questo obiettivo non è tra le più semplici. Infatti la trama della pellicola reinterpreta la prima saga della serie, la più famosa, nella quale i 5 Bronze Saint percorrono le 12 case del Grande Tempio per salvare la dea Atena; purtroppo per raccontare tutto ciò, presentare i protagonisti, introdurre i comprimari e riproporre i combattimenti contro gli avversari c’è a malapena un’ora e mezza di tempo. Sembra un’operazione impossibile ed infatti il risultato appare innanzitutto affrettato, con personaggi caratterizzati a malapena che sono solo un’ombra delle figure carismatiche presenti nella versione originale. Anche gli stratagemmi utilizzati per ovviare a questi limiti temporali non sono tra i più efficaci: ad esempio, per introdurre l’intero universo narrativo e raccontare ai lettori chi sono i Saint e qual è il loro ruolo è stato scelto di fare uno spiegone di un paio di minuti per bocca di un autista, inquadrato dallo specchietto retrovisore della sua auto mentre parla, una messa in scena che non ci sembra sfrutti a pieno le potenzialità del mezzo cinematografico.

Se i nuovi spettatori troveranno qualche difficoltà ad entrare in questo universo narrativo, sono i fan di vecchia data gli altri destinatari di questo prodotto. La nostalgia è un fattore pericoloso che può rovinare la visione di un film, e infatti chi è affezionato al character design di Shingo Araki dell’anime originale potrebbe storcere il naso in partenza; il risultato finale però non è terribile e i modelli in CGI sono interessanti e hanno qualche accenno ispirato di espressività, anche se nel confronto ne escono inevitabilmente sconfitti, soprattutto per limiti dell’animazione tridimensionale che non può competere con la qualità dei principali studi americani. Per nascondere alcune debolezze visive vengono sfruttate alcune strategie per aggirare l’ostacolo; ad esempio, per nascondere la limitata espressività dei personaggi si cerca di inquadrarli di rado da un punto di vista ravvicinato e durante i combattimenti il nuovo modello di armatura gli copre il volto, oppure le scene di lotta non potendo contare su un’animazione eccelsa dei corpi distoglie l’attenzione con lens flare ed effetti speciali che rappresentano il cosmo dei Saint, piuttosto che mettere in scena uno scontro fisico.

Molti gli elementi che sono stati cambiati dalla versione originale e che potrebbero deludere chi da questo film si aspetta una trasposizione fedele del cartone con cui è cresciuto. Il primo combattimento che vediamo sullo schermo avviene su un grande ponte cittadino, dopo qualche esplosione che ha fermato le automobili nel traffico; ci sembra più una situazione da film di supereroi americano, visto che nel fumetto e nell’anime originale la vicenda era ambientata in un contesto quasi fuori dal tempo. Scelte come quella di rendere Milo un Saint donna e Cancro un personaggio kitch che entra in scena in un momento musicale sopra le righe sono idee interessanti, ma che proprio perché diverse dall’originale avrebbero avuto la necessità di più tempo a disposizione per essere esplorate meglio, dato che altri elementi rimasti invariati vengono invece dati per scontati contando sulla conoscenza dei fan della serie. Tra le idee più riuscite invece cito la modernizzazione delle scatole che contengono le armature, ora evocate da alcune medagliette decisamente più facilmente trasportabili, mentre il Grande Tempio è un riuscito mix di cultura romana, ellenica e egizia che sovrasta una ricca città.

Purtroppo anche il tono del film soffre del poco tempo a disposizione soffre della scelta di voler adattare una saga così lunga e complessa in un’ora e mezza, con scene che evidentemente cercano di descrivere o far affezionare rapidamente a un personaggio, o una comicità che irrompe bruscamente in un’atmosfera epica apparendo abbastanza fuori luogo. Forse la scelta migliore sarebbe stata quella di realizzare una storia originale, se l’idea di partenza era quella di effettuare un reboot; quello che abbiamo visto è un prodotto che non sa bene a chi rivolgersi, con diverse scelte interessanti che però scompaiono in una struttura generale che non riesce a sostenere la quantità di materiale che si è cercato di comprimere in un solo lungometraggio.

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