La giovane Isabel di Thule scopre, a 16 anni, di essere la dea Atena e di avere intorno quattro "angeli custodi": sono i Cavalieri di Bronzo, preposti fin dalla loro prima infanzia a proteggere la giovane divinità. I Cavalieri hanno anche l'incarico di restituire Isabel al Grande Tempio, dove una falsa Atena ha preso il suo posto e dove un Grande Sacerdote fa il bello e il cattivo tempo (forse perché anche lui è un usurpatore). Per riuscirci dovranno attraversare tutte e 12 le case dello Zodiaco, ognuna delle quali è presieduta da un Cavaliere d'Oro intenzionato a mettere alla prova i Cavalieri di Bronzo affinché si dimostrino degni di portare a termine la loro missione, e a stabilire se Isabel è davvero la dea Atena e non una "ribelle".

Nato come manga giapponese nel 1985 e diventato subito dopo una serie televisiva distribuita in oltre 80 paesi, I cavalieri dello Zodiaco è un cult per almeno un paio di generazioni, che oggi si aggirano sulla trenta-quarantina. Nel tentativo di introdurre la storia alle nuove leve, il film diretto da Keiichi Sato e prodotto in CGI dalla Toei Animation (lo stesso studio di animazione dietro Capitan Harlock) si sforza di imprimere alla trama e alla grafica una rilettura moderna, sacrificando l'effetto vintage che avrebbe attratto in sala i nostalgici della serie anni Ottanta e inserendo timidi elementi di novità (come la trasformazione di un personaggio, Scorpio, da maschile a femminile).

I cavalieri dello zodiaco - La leggenda del grande tempio si pone un obiettivo impossibile: condensare un'intera serie televisiva (o quantomeno la sua prima stagione) in un'ora e mezza di lungometraggio, cercando di ricostruire una mitologia (e una cosmogonia) sviluppata attraverso innumerevoli puntate e inzeppando la trama di eventi, luoghi e personaggi. Il risultato è che nessuno dei ruoli è sufficientemente sviluppato, con la possibile eccezione di Pegasus, e accadimenti seminati attraverso l'arco della serie televisiva vengono compressi (più spesso soppressi) a scapito della comprensibilità di una storia di per sé già molto complicata e della possibilità di identificazione del pubblico con i personaggi. Chi guarda, se non conosce la serie, si ritrova a chiedersi continuamente: Chi è costui? Perché agisce in questo modo? Dove ci troviamo? È l'abc della drammaturgia, e invece queste domande elementari rimangono per lo più inevase, o ridotte a spiegazioni verbose e didascaliche.

Anche la scelta dei toni è schizofrenica: si passa dal dramma alla farsa, dall'azione sfrenata alla riflessione metafisica, dalla tragedia al burlesque, complice un numero di musical che vede protagonista Cancer. Funziona meglio la scelta delle tecniche di animazione, mescolate in un delirio creativo non privo di un suo fascino e potenziato dal 3D, e la ricostruzione grafica dei paesaggi impossibili che sembrano usciti direttamente dal mondo onirico (soprattutto quello degli incubi).

I fan della serie televisiva e dei manga riconosceranno i loro eroi e alcuni ambienti ma rimarranno spiazzati dalla frammentazione caotica della storia e dalla rinuncia a qualunque approfondimento sui personaggi, spesso liquidati con un paio di inquadrature e una battuta criptica. Sarebbe stato meglio costruire una saga filmica attraverso numerosi capitoli, invece di cercare di dire tutto - e male - in un unico, approssimativo episodio.

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